14 luglio 2011
Il prezzo del ghiaccio.
Il prezzo del ghiaccio.
Quanto ci costa il riscaldamento globale?
di Grandangolo
Sbocco*
Abstract
Il paper, basato
su evidenze empiriche e stime econometriche, intende mostrare quanto e
attraverso quali meccanismi il riscaldamento globale abbia effetti
sull’economia e in particolare sul tasso di inflazione. Verificate le fonti e
le relazioni, il paper suggerisce l’adozione di misure ambientali come
politiche monetarie restrittive.
Siamo
ormai abituati a considerare l’aumento del livello dei prezzi al consumo
(l’inflazione) come un dato connaturato con il normale svolgersi delle attività
economiche. Le politiche dei governi e delle banche centrali non puntano
infatti alla stabilità dei prezzi, bensì alla stabilità – entro un valore ragionevole
– del loro tasso di crescita.
Quand’anche
la stabilità dei prezzi fosse un’utopia, vale comunque la pena ricordare che
l’inflazione è fenomeno relativamente recente. Come si può notare nella figura
1, infatti, dal 1791 al 1951 negli Stati Uniti l’aumento dell’indice dei prezzi
è decisamente contenuto (considerando il trend e non, ovviamente, gli shock
quale la crisi del ’29).

Dagli
anni 50-60 del XX secolo in poi, invece, l’inflazione rappresenta una costante
e il livello dei prezzi cresce senza sosta: il trend appare quello di una retta
con inclinazione unitaria.
Come
spiegare tutto questo, ragionando in un’ottica di lungo periodo, è compito
arduo.
Molti
sforzi in questa direzione sono stati compiuti dagli economisti, i quali però
riescono a fornire unicamente spiegazioni contingenti, legate alle dinamiche
produttive del breve periodo. Shock dal lato dell’offerta, così come aumenti
della domanda più che proporzionali rispetto alle opportunità di aumento dello
stock di capitale e dunque della capacità produttiva, possono avere effetti
temporanei sulla dinamica dei prezzi, ma non spiegano perché il trend sia così
stabile e rilevante.
Potrebbero
essere avanzate ipotesi che fanno dipendere il trend inflazionistico dalle
caratteristiche del sistema economico, imputando cioè l’andamento dei prezzi a
un mix di cause che tenga insieme lo stress sui prezzi dovuto alla crescita
della produzione e della domanda di moneta e i relativi costi. Un’ipotesi del
genere, però, rappresenterebbe a livello logico un cane che si morde la coda:
si spiegherebbe cioè l’inflazione attraverso fatti ad essa connaturati,
producendo in tal modo una spiegazione autoreferenziale non solo in senso
accademico (economisti che spiegano fatti economici attraverso altri fatti economici),
bensì anche in senso lato (l’economia come mondo a sé in cui non è dato che
fatti economici abbiano origine da fatti fisici, o biologici, o psico-sociali).
Il
ragionamento a nostro avviso corretto, e che cercheremo di dimostrare in
seguito nei fatti, deve mettere in relazione la nascita e il permanere di uno
stabile trend inflazionistico con i fatti cruciali che concernono la società e
il mondo e che hanno iniziato a dispiegare i propri effetti dagli anni 50-60 in
poi.
In
particolare occorre considerare quei fatti che, condizionando il comportamento
anche economico delle persone, possono avere influito sull’andamento dei
prezzi, generando cioè una crescita esponenziale della domanda cui il sistema
produttivo riesce a rispondere con aumenti stabili di capacità produttiva,
generando così un continuo aumento dei prezzi.
L’ipotesi
che qui consideriamo, le cui evidenze ci paiono incontrovertibili e che
soppianta in termini di logica e di verifica empirica ogni altra possibile
spiegazione, è che l’inflazione dipenda crucialmente dal riscaldamento globale
del pianeta, il cui meccanismo di propagazione delle temperature ai prezzi
consiste nello scioglimento dei ghiacciai.
I
dati in tal senso non lasciano margine a dubbi di sorta: il trend – mostrato in
figura 2 – dello scioglimento dei ghiacciai dal 1960 a oggi è costante. Una
regressione log-lineare tra prezzi e scioglimento dei ghiacciai mostra una
correlazione di intensità notevole, con stime a varianza contenuta che superano
i più rigorosi test statistici.

Che
lo scioglimento dei ghiacciai dipenda linearmente dal riscaldamento globale è
un dato ormai assodato a livello scientifico: non sta quindi a noi dimostrare
ciò che altri hanno già dimostrato, né spiegare una relazione tanto ovvia
quanto nota. È bene però ricordare tale connessione, poiché, spiegando ora
quella tra scioglimento dei ghiacciai e inflazione, potremo concludere che
quest’ultima dipende crucialmente proprio dal riscaldamento globale.
La
diminuzione della massa e dell’estensione dei ghiacciai provoca cambiamenti
irreparabili negli ecosistemi, alterando il microclima di numerose zone
montane. Inoltre lo scioglimento – vale a dire la trasformazione del ghiaccio
in acqua – modifica strutturalmente anche gli ecosistemi lungo i fiumi e lungo
le coste marine, poiché il livello dei corsi d’acqua e dei mari tende ad
aumentare. Tutto ciò ha forti implicazioni con le attività umane, produttive e
non, generando una continua e crescente domanda di innovazioni tecnologiche e
di soluzioni atte a proseguire le normali faccende in un ambiente che muta. È
da sottolineare come i cambiamenti degli ecosistemi e le modifiche al livello
delle acque comportino problemi più che proporzionali alla loro crescita: un
aumento di volume pari al 10% dell’acqua trasportata da un fiume necessita di
un certo quantitativo di interventi strutturali, ma se l’aumento è pari al 20%
i problemi si moltiplicano e richiedono soluzioni più drastiche e ingenti.
Dunque uno scioglimento stabile dei ghiacciai provoca un aumento della domanda
(al fine di trovare soluzioni adeguate per evitare o rimediare ai danni che ne
derivano) a sua volta in continuo aumento, nonostante la capacità produttiva e
innovativa riesca a crescere a tassi costanti. Questo stress porta
inevitabilmente i prezzi a crescere, determinando quindi una certa stabilità
del tasso di inflazione.
Le
politiche monetarie del terzo millennio, a maggior ragione in un’Europa dove
gli stati nazionali hanno perso il potere legato alle banche centrali, si
attuano quindi attraverso le politiche ambientali: impedire il surriscaldamento
del pianeta significa
contenere i prezzi, proseguire nel solco di chi produce senza curarsi
dell’inquinamento porterà prima o poi a un aumento incontrollabile dei prezzi.
* Professore emerito di
termoeconomia presso l’Università degli Studi di Villarfocchiardo.
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